Pinocchio

La fantasia, che rende credibile una lumaca che lascia la bava sui pavimenti della casa della Fata Turchia, e il realismo, di un paese povero con il popolo che fa la fame. “Pinocchio” di Matteo Garrone racconta la magia di un burattino che dopo tante vicissitudini diventa bambino, fedelissimo al classico di Carlo Collodi che ha 137 anni ma è ancora il libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia. C'è il ciocco di legno, la fuga dalla scuola, l'incontro col teatro dei burattini, il gatto e la volpe, la casa della Fatina, Lucignolo e il paese dei balocchi, il circo, il pastore, la balena... c'è tutto. “Avevo 6 anni quando ho iniziato a disegnare Pinocchio - racconta Garrone - come regista era difficile resistere alla tentazione: ho avuto dei compagni di viaggio straordinari, attori e collaboratori che hanno dato tutto. Questo film mi appartiene in ogni fotogramma, ma volevo che fosse un film popolare per tutti, come lo era il capolavoro di Collodi, per tutte le classi e per tutte le età. Volevamo far riscoprire un grande classico così vivo nella memoria collettiva, ma la nostra sfida era sorprendere e incantare il pubblico. Aspettiamo con ansia cosa dirà il pubblico, saranno gli spettatori a dirci se abbiamo vinto scommessa”.
La scelta di affidare Geppetto al premio Oscar Roberto Benigni viene da lontano. “Io e Pinocchio siamo legati, mia madre mi chiamava Pinocchietto già a tre anni, poi arrivò Fellini - dice l'attore, che nel film ha accettato di apparire invecchiato, la barba lunga, lo sguardo della povertà - Batte il cuore quando si vede un film di tale bellezza e singolarità. Non ricordo chi è stato l'ultimo a raccontarlo al cinema, ma questo è il più bello in assoluto. Pinocchio è universale, appartiene a tutti come il sole, non serve alcuna attualizzazione, gli insegnamenti che contiene sono dei segnali, Fellini lo apriva come un libro divinatorio. Il mio Geppetto è il padre più famoso al mondo, secondo solo a San Giuseppe col quale condivide un figlio adottivo, che fa di testa sua, muore e risorge. A Matteo ho detto subito di sì perché per Pinocchio farei qualsiasi cosa, ormai quando giro per Testaccio mi urlano: ti manca solo la fatina! Ma Garrone è uno dei registi più grandi, non è solo un pittore le cui inquadrature passano dai macchiaioli a Bosch, ma sa raccontare, emozionare e commuovere. Arriva per Natale ed è un regalo per il mio cuore e per tutti gli italiani, per tutti i bambini da 8 a 88 anni”.
Il film è soprattutto sulle spalle del giovanissimo Federico Ielapi, 9 anni e una grande espressività. Con il volto da burattino (frutto del lavoro straordinario dell'artista visivo Mark Coulier, due premi Oscar e il lavoro su cult come “Harry Potter” e “Bohemian Rhapsody”) riesce a comunicare ed emozionare con lo sguardo: “Emozioni sul set ne ho vissute tante - dice l'attore bambino - ma più che altro incontrare persone come Roberto Benigni. Certo quattro ore di trucco al giorno per tre mesi è stato uno sforzo, ma ne valeva la pena accanto a un premio Oscar. Sono anche stato a Londra a vedere gli Oscar di Mark, stavano là buttati in una vetrinetta”. Accanto a Pinocchio e Geppetto, Garrone ha voluto tutti gli animali “immaginati dall'autore e da Enrico Mazzanti, primo illustratore che ha lavorato con Collodi, che è stato la mia prima fonte di ispirazione insieme ai pittori macchiaioli e alla semplicità del Pinocchio di Comencini”. Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini sono il Gatto e la Volpe, affiatatissimi, Maria Pia Timo è la Lumaca, i fratelli Massimiliano e Gianfranco Gallo sono il Corvo e la Civetta, Davide Marotta è il Grillo, Teco Celio il Giudice scimmia. “Gli animali nel racconto di Collodi sono allegorie della società, la nostra scelta e la nostra sfida era trovare un modo per renderli animali antropomorfi” spiega il regista.
Gigi Proietti incarna Mangiafuoco: “Matteo è venuto a casa mia con la mia fotografia in cui ero già il burattinaio, un po' Mangiafuoco e un po' Rasputin, temevo a un certo punto che non lo facessi più. Ho pensato a quest'uomo che vive solo con i suoi burattini di legno e poi un giorno ne trova uno senza i fili. Sono orgoglioso del mio lavoro, di questa piccola parte in un film così”. Anche da Benigni Garrone si è presentato con una foto: “L'ho vista e ho detto: chi ti ha dato la foto del mio nonno? La povertà di Geppetto mi ha riportato a quel mondo contadino. Nel libro le parole più ricorrenti sono: povero, casa, babbo e fame. È la povertà che ti fa sembrare la vita un miracolo, la gag all'osteria ricorda Chaplin, il più grande Pinocchio di tutti i tempi, questa dignitosa fantastica povertà che diventa ricchezza nel burattino che diventa bambino”.
Una sfida unica, questo “Pinocchio” di Garrone, a livello produttivo e interpretativo. Una di quelle sfide che il cinema italiano affronta sempre più raramente; per questo è ancora più bello vedere che qualcuno ha ancora il coraggio di provarci.