<p>Sono passati nove anni da quando il Dipartimento del Tesoro ha smantellato la Living Robotics. Raymond King, l'ex-direttore dell'ufficio per la lotta ai crimini finanziari, ha lasciato il suo posto alla prescelta Marybeth Medina, ora l'unica a ricevere informazioni sul mondo criminale da parte di Christian Wolff, alias il Contabile. King, che ha aperto un'agenzia di investigazioni private, si ritrova però invischiato in un caso più grande di lui, caso per il quale viene ucciso. Tocca a Medina scoprire cosa è davvero successo, ma ancora una volta avrà bisogno dell'aiuto del Contabile.</p>
<p>Quante famiglie, clan, squadre, nel cinema di Gavin O'Connor. Sono madri e figlie, capitani e sergenti, coach e atleti; sono fratelli che non si sentono da anni, nuove generazioni che non accettano i fardelli avvelenati dei vecchi, compagni che se cadono devono rialzarsi tutti insieme; sono, tutti e tutte, singoli e collettivi, in lotta contro la solitudine, il dolore, la perdita. Non c'è cinema più classico eppure più moderno di quello di O'Connor nella Hollywood degli studios dal fiato corto e nella Silicon Valley degli streamer dal battito accelerato. Sono passati nove anni nella finzione e nove nella realtà tra “The accountant” e questo sequel: il primo capitolo fu capace di incassare 150 milioni di dollari in tutto il mondo e di arrivare al primo posto dei film più noleggiati l’anno successivo. Nove anni e siamo ancora lì, con Christian, il Contabile affetto da disturbi dello spettro autistico che vive in una roulotte Airstream e a modo suo fa giustizia dei cartelli criminali, ancora dolorosamente incapace di stabilizzare i rapporti interpersonali: con Braxton, il fratello assassino e iracondo, con la nuova direttrice Medina che ancora non si fida di lui e del suo traballante codice morale, e con l'unico sicuro rifugio rappresentato dai bambini dell'Harbor Neuroscience Institute.</p>
<p>Ma tutto il resto è cambiato. Il primo film era una sorta di mosaico realizzato con tessere rappresentanti famiglie mafiose e fondi di investimento, agenzie di sicurezza e dipartimenti federali, piccoli illeciti e truffe globali, la cui immagine ricomposta mostrava il fragile equilibrio del tessuto economico-finanziario statunitense: il Dipartimento del Tesoro dipendente dagli gli stessi criminali che persegue, criminali poi finanziatori occulti e non delle speculazioni borsistiche. “The Accountant 2”, invece, arriva quasi un decennio dopo, quando ad un'America polarizzata e scossa da tensioni pre-Guerra Civile non interessano più le analisi critiche sulla connivenza e la dipendenza, tra capitalismo e criminalità. O'Connor, e lo sceneggiatore Dubuque, sentono questo, avvertono che ci si è spostati sul terreno delle culture wars, del capitale simbolico, così rifrangono il loro film attraverso queste lenti: dal riciclaggio si è passati al problema dei migranti, dalle aziende multinazionali ai trafficanti di esseri umani, dalle collar counties dell'Illinois alle zone di confine con il Messico.</p>
<p>Da ingranaggio del sistema che allo stesso tempo sabota dall'interno il sistema stesso, il Contabile si è assottigliato moralmente ma affilato eticamente per diventare un angelo vendicatore che esporta salvezza e progresso, ma lo fa dall'angolo del suo eccezionalismo individuale e non collettivo. È Christian ad opporre ai cartelli criminali e allo stesso Dipartimento del Tesoro la sua idea di mondo, l'Harbor Neuroscience Institute, presidio sociale che fa proprie le contraddizioni dell'odierna America (la sicurezza interna, l'attacco alla privacy, le speculazioni finanziarie) per resistere e anzi prosperare. O'Connor forse vanifica qualcosa a livello di tensione e costruzione delle sequenze d'azione, ma sa come raccontare una storia e tenere impegnato il pubblico per due ore abbondanti di film.</p>