NEWS

Cetto c'è

nome-immagine

Come la saga di Terminator, quella di Cetto Laqualunque sforna un nuovo capitolo, saltando il collegamento a un sequel, e ricollegandosi direttamente al prodotto originale. Antonio Albanese ha spiegato che “Cetto c'è” si ricollega al primo film, “Qualunquemente”, del 2010. Si immagina che Cetto Laqualunque, stanco della politica italiana, si sia trasferito in Germania, si sia fatto biondo, e abbia sposato una bella ragazza tedesca, Petra, con cui gestisce una Gasthaus e passa le giornate con la loro bambina e i suoceri neonazisti, che ascoltano Wagner a tutto volume e giocano a progettare invasioni. Viene richiamato però in Italia, dove una zia in punto di morte gli rivela che è il figlio illegittimo di un principe, della stirpe dei Borboni, e quindi possibile aspirante al Regno delle Due Sicilie (ma è meglio delle Due Calabrie, secondo lui..) e anche al titolo di Re d'Italia.

Antonio Albanese, Giulio Manfredonia e il suo team stavolta hanno deliberatamente cercato l'assurdo, l'iperbole, per non rischiare di essere superati dalla realtà, rischio che oggi più che mai è all'ordine del giorno. Eppure, proprio qualche giorno fa, sui social media è apparso un messaggio secondo il quale Emanuele Filiberto di Savoia e la Famiglia Reale starebbero tornando in Italia. Si è rivelata una trovata pubblicitaria, ma qua non si può proprio stare tranquilli. “Io, che faccio questo lavoro e amo farlo, trovo che sia sempre più dura” riflette Antonio Albanese. “Si viene sempre superati dalla realtà. Io lo dico da tempo, ed è vero: Cetto è un moderato. E la cosa mi spaventa! Io non so cosa dire in certe situazioni. Al di là di questa cosa dell'erede al trono, priva di ogni forma di dignità, io insisto nel favoloso mondo della comicità perché credo nell'energia che emana. Non bisogna isolarsi, è bello reagire, e la comicità ci dà questa energia. Non so come definire il film: un'altra delle nostre follie, o una commedia nera, ma è comunque energia. Io non ho risposte. Ma non posso fermarmi, vado avanti”.

Ma, a proposito di monarchia, come è nata questa idea? “Noi partiamo solo se c'è un'idea che ci convince” risponde Pietro Guerrera, autore del soggetto e della sceneggiatura insieme ad Albanese. “Questa idea è venuta chiacchierando a pranzo, nell'estate del 2018. Io non credo che la realtà riesca a superare la fantasia. La grande possibilità che ti dà Cetto è raccontarla per quanto è ridicola, stare tra realismo e realtà mostruosa, ridendo. Lui è credibile mentre dice cose mostruose e anche quando dice “uno scettro si aggira per l'Europa” citando Engels e Marx, due cari amici che salutiamo”.

Cetto è ignorante, amorale. volgare e maschilista, fa notare una giornalista alla conferenza stampa. Qual è la cosa che condanna di più in questi aspetti? “Quando faccio in teatro Cetto io mi vergogno come una bestia” confessa Antonio Albanese. “Mi hanno detto che sembro Depardieu per consolarmi. Sono tutte cose che mi hanno provocato il torcicollo spasmodico, una forma di esaurimento rara ma molto pericolosa: non si ha più coraggio di guardare. Queste sono tutte cose che odio profondamente. Con Cetto, quando è nato, sentivo il bisogno di esaltarle negativamente”. 

Ma come è nato Cetto Laqualunque? “È nato quando, in un comizio, un candidato si è presentato con la foto della moglie dell'altro candidato, dicendo: Quella è bottana, e non potete votare un cornuto. Ho detto: Siamo a due passi dalla fine del mondo. Cosa mi avvicina a Cetto? Niente. Ma sono tutte cose che continuano a vivere. Cetto è sempre più attuale. Siete stati voi a mantenerlo in vita: è preso come una maschera. Viene detto: sei Cetto, non sei Cetto. E noi abbiamo continuato a dire che Cetto è sempre vivo, sempre attuale. Quando abbiamo fatto “Qualunquemente”, in cui mando in carcere mio figlio per avergli intestato le mie imprese, ci siamo ispirati a una storia vera. Ed è terribile. In ogni caso Cetto Laqualunque è una mia maschera che amo moltissimo, fa parte del mio disegno. L'attenzione è stata quella di non sfruttare il personaggio, di non usarlo per altre cose, me lo hanno chiesto in altri modi, anche in greco antico. Ma io tengo il personaggio in una teca e lo tiro fuori all'occorrenza”.

“Cetto c'è” è anche un film di regia e di messinscena. Si dice che nelle commedie la macchina da presa è li e aspetta che qualcosa accada. Ma non è questo il caso. “Il cinema è un linguaggio in evoluzione, e il cinema comico assorbe le novità dei linguaggi” spiega il regista Giulio Manfredonia. “Va tenuto in conto che il cinema comico ha bisogno del corpo, dell'interazione dei personaggi, raccontati insieme, dal gruppo. Antonio ha la grande capacità di creare un gruppo attorno a sé. E la forza di questo gruppo lavora per il solista. La macchina da presa si muove con i personaggi e ci dà un punto di vista. Si tratta di entrare nel mondo di Antonio, di trovare un linguaggio che lo accompagni nella maniera corretta”. Manfredonia sfata il mito che nel cinema comico si provi poco, e ci sia molta improvvisazione. “Antonio è molto meticoloso. Facciamo molte prove, abbiamo letto e provato a lungo. L'idea che si ha di solito è che la comicità nasca spontaneamente. Nel nostro caso è tutto il contrario: Pietro e Antonio lavorano come su una partitura musicale, Antonio affina le battute, le dice e le ridice”.  Albanese aggiunge: “Il tempo per provare si trova. Si rinuncia a una serata al cinema, si sta svegli fino alle due. Si tratta di dare un valore al lavoro che fai”.

Antonio Albanese, nei panni di Cetto Laqualunque chiude il film in una sorta di musical rap cantato insieme a Gue Pequeno. C'è una frase che resta impressa, “Chi vuole il sovranismo, prende anche il sovrano”, che rimanda immediatamente alla nostra attualità. “Nel mio lavoro non può bastare un punto di riferimento e neanche due. “C'è uno sguardo europeo, tutto quello che ad arco circonda questo continente. In Svezia il primo partito è di ultradestra, io sono stato in Svezia, lì sono persone meravigliose e sono molto arrabbiato. Il sovranismo ha bisogno di un sovrano, ed è questo che mi spaventa: non può esserci una sola persona alla guida. Potevamo fare un documentario, potevamo raccontare drammaticamente i 25 o 28 omicidi che l'ultradestra sta facendo in Germania. Ma con la comicità, con questo personaggio abbiamo deciso di raccontare la realtà. Ma su questi aspetti stiamo lavorando”.

È naturale allora chiedere ad Antonio Albanese su cosa potrebbe concentrarsi il suo prossimo lavoro. “Ancora non lo so” risponde. “La mia speranza è quella di non perdere la mia capacità di raccontarlo con ironia. Mi sta spaventando moltissimo questa rassegnazione. Pensate a quando ho fatto il Ministro della Paura, qualcosa che in realtà esiste dalla notte dei tempi. Il 2016 è stato l'anno con il tasso più basso di omicidi nel nostro paese, ma sembra il contrario: manovrare la popolazione in questo modo è da vigliacchi, è osceno. Si stanno formando gruppi di disperati che cercano e sperano di reagire con la rabbia. Io vorrei raccontarlo con l'ironia. Ma raccontare con ironia una sconfitta, una rassegnazione, una mostruosità del genere è sempre difficile”. 

Qualcuno chiede ad Albanese se gli sia mai stato chiesto di entrare in politica. “Nessuno mi ha mai chiesto di candidarmi. E un po' mi dispiace” risponde. “Mi affascinano questi nomi, pari opportunità, o infrastrutture, pilu e cemento armato. È così straordinario questo periodo”. E la sua risata amara chiude degnamente l’incontro.

Scheda film: Cetto c'è Senzadubbiamente

  • Nazione: Italia
  • Anno: 2019
  • Genere: Commedia
  • Durata: 94'
  • Regia: Giulio Manfredonia
  • Cast: Antonio Albanese, Nicola Rignanese, Caterina Shulha, Gianfelice Imparato, Davide Giordano