Operazione vendetta

Charles Heller è crittografo della CIA più adatto ai numeri binari che all'azione dura e cruda. Passa le giornate davanti il terminale, leggendo le più scottanti informazioni classificate che arrivano dai vari dipartimenti di intelligence. La sua vita viene stravolta quando l'amata moglie rimane vittima di un controverso attentato terroristico a Londra. Quando Charles si rende conto che il vice-direttore della CIA non ha nessuna intenzione di rintracciare i colpevoli, l'analista decide di ricattare l'agenzia governativa (conosce abbastanza segreti scottanti) intraprendendo una personale missione di vendetta.
Fondamentalmente, “Operazione vendetta” è una digressione più action rispetto al genere spionistico (di consueto molto più ragionato, ma il ragionamento non si sposa con l'attenzione suscettibile degli spettatori), risultando tanto coinvolgente quanto (fin troppo?) lineare nell'attuazione di un racconto thriller che tira dritto senza intoppi, aggraziato dalla presenza di un cast fugace ma efficace. Se Rami Malek ha il phisique du role adatto per essere il più tipico degli eroi di necessità attorno a lui compaiono e scompaiono nomi come Jon Bernthal, Laurence Fishburne, Julianne Nicholson, Caitriona Balfe e, infine, quel fuoriclasse di Michael Stuhlbarg, protagonista della miglior sequenza del film. Una buona dose action, poi, tiene alto il ritmo che, nemmeno a dirlo, avrebbe giovato di un minutaggio leggermente inferiore, al netto di un crescendo tensivo che porterà Charles ad essere ciò non avrebbe mai immaginato di diventare.
Ovvio, da parte degli autori, di puntare tutto sul fattore intrattenimento, anche grazie alla girandola di location che tagliano verticalmente la storyline: Madrid, Londra, Parigi, Istanbul fino ad un remoto porto russo affacciato sul Baltico. Un tour scenografico tipico di certe opere, e funzionale per esaltare il senso di giustizia costi-quel-che-costi inseguito dal protagonista. Una giustizia che sfocia nell'archetipo della vendetta, tema questo oggi cardine, nonché legato a quelle responsabilità politiche che appaiono quasi distopiche, e sicuramente disumane, e su cui il film, pur enfatizzandole, pone l'accento.