Puoi baciare lo sposo

Il senso della commedia “Puoi baciare lo sposo” di Alessandro Genovesi può essere racchiuso in una delle battute del film: “Son tutti bravi a fare i gay a Berlino!”. Infatti si racconta la storia d'amore tra Paolo e Antonio, aspiranti attori a Berlino, che dopo un periodo di convivenza decidono di sposarsi. Ma se appunto l'amore tra due uomini nella moderna e accogliente Berlino è cosa normale, le cose si complicano quando i due innamorati espatriati rientrano in Italia per dare l'annuncio ai propri genitori.
Il film è ispirato a una commedia di Broadway My big gay italian wedding, scritta dall'italoamericano Anthony J. Wilkinson. Il regista ci racconta che “La pièce originale è un musical che aveva molti aspetti interessanti. Io l'ho vista a New York quando in America non erano ancora stati legalizzati i matrimoni gay. Ho sempre sognato di fare un musical e così ho pensato a come si poteva adattare per il cinema, poi della dimensione musical è rimasto solo un gran finale. Alla fine la nostra storia si è allontanata parecchio dalla commedia di Wilkinson che era ambientata nella comunità di Little Italy ed è rimasta influenzata da quello che è accaduto nella società italiana con la legge sulle unioni civili. Così è nato il personaggio di Diego Abatantuono e tutti gli intrecci politici”. Sì perché quando Paolo riesce a convincere Antonio del fatto che, se si vogliono sposare, devono conoscere le proprie famiglie i due decidono di andare per Pasqua nel paesino umbro (Civita di Bagnoregio) dove vivono i genitori di Antonio. Lì il padre di Antonio (Diego Abatantuono) è diventato sindaco da poco più di un anno e ha fatto dell'accoglienza il fulcro della sua campagna elettorale. Ma come dice lui “un conto è accogliere turisti e profughi e un conto accogliere il proprio figlio gay”. La sua apparente apertura mentale capitola di fronte alle scelte di suo figlio: “Avremmo potuto fare un sindaco leghista, ma ci è sembrato più interessante invece mostrarlo come un sindaco di sinistra, aperto all'altro che però di fronte al figlio che gli dice che si sposa con un uomo che fa i musical ha bisogno di molto tempo per digerire tutto quanto. Tanti fanno l'esperienza di lasciare un paese per andare a studiare o lavorare fuori e oggi Berlino è in qualche modo la Londra di quindici anni fa, una città liberale, multietnica dove tutto è concesso. Non ci sono i riferimenti della famiglia o delle persone che ti hanno visto crescere per cui essere libero in un posto così è molto più semplice”.
Tra le cose che colpiscono del film c'è la scelta di Salvatore Esposito per il ruolo di Paolo. Dopo aver conquistato il pubblico televisivo con il ruolo di Genny Savastano in Gomorra, qui l'attore napoletano mostra un lato inedito: “Io ho lottato per convincere i produttori e gli altri del film che Salvatore, da quell'attore di talento che è, avrebbe potuto trovare il giusto approccio al personaggio di Paolo, ed ero sicuro che avrebbe tirato fuori le sue doti comiche, anche perché un bravo attore ha tutte le corde. Abbiamo lavorato insieme sulla storia, coinvolgendo anche associazioni come quella di Francesca Vecchioni che difende i diritti delle persone lgbt, perché il rischio, soprattutto in commedia, è che scherzando si può diventare offensivi. E questo ovviamente non lo volevamo. Salvatore è stato bravissimo perché è andato totalmente in sottrazione, non ha mai un gesto vagamente effeminato ed è assolutamente credibile come fidanzato di Antonio”.
I due promessi sposi devono però confrontarsi anche con le proprie madri: quella di Paolo a Napoli non ha preso bene l'omosessualità del figlio e, nonostante i due vadano di persona a portarle l'invito, non ha nessuna intenzione di presentarsi alle nozze. Quella di Antonio invece (Monica Guerritore) è più che favorevole al matrimonio purché si svolga secondo le sue regole: deve essere una cerimonia bellissima con tanto di organizzazione affidata al wedding planner più esclusivo, l'unione deve essere ufficiata dal marito sindaco (che non ne ha nessuna intenzione) e la mamma di Paolo non può mancare. Genovesi spiega: “Nonostante ci sia un padre di potere, come mole e come ruolo pubblico, che è il personaggio di Diego Abatantuono, volevo che ci fosse un personaggio femminile forte a capo di una famiglia di fatto matriarcale. La mamma Anna è di fatto un generale capace di trascinare questi ragazzi dal prete, obbligarli ad accettare l'organizzazione del wedding planner e la sua fermezza permette poi al personaggio di Abatantuono di riflettere sul suo errore”. Ma c'è una terza madre sul set. Nella difficoltà della mamma napoletana, che i due ragazzi sono convinti non si presenterà mai alla cerimonia, decide di vestirsi da donna il loro curioso coinquilino Donato, un divertente Dino Abbrescia. Donato è un tranviere pugliese, finito a Berlino dopo che la moglie e la figlia lo hanno trovato vestito da donna e praticamente cacciato di casa. Si è unito alla coppia di promessi sposi e alla loro migliore amica Benedetta (Diana del Bufalo) nella calata in Italia, e dal momento che la mamma di Paolo non ha nessuna intenzione di accompagnare il figlio all'altare si propone come mamma “en travesti”. Una trovata che è un chiaro omaggio a “Il vizietto”, il film con Ugo Tognazzi e Michel Serrault, dove Serrault si presentava vestito da donna proprio nei panni della moglie di Tognazzi. “Con un tema così mi è venuto spontaneo pensare alle nostre grandi commedie del passato che hanno affrontato temi importanti come il divorzio, l'aborto. Ho voluto inserire anche le figure archetipiche della commedia di un tempo: il prete, il sindaco. Il personaggio di Donato era così già in scrittura, ma nella prova costume è veramente sbocciato e ha dato una patina comica a tutta la parte finale del film. Quarant'anni dopo quel film, nella nostra società c'è ancora molto da normalizzare, ci sono ancora tanti pregiudizi che vanno a intaccare la libertà delle persone. E questo film forse può aiutare a vincerli”.